Joan London, "L'età d'oro", edizioni e/o

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Joan London, "L'età d'oro", edizioni e/o


 Perth, Australia, 1954: non essendo ancora stato messo a punto un vaccino capace di arginare la diffusione della poliomielite, le periodiche epidemie della terribile malattia colpiscono con implacabile ferocia le giovani generazioni, condannando molti ragazzi a una vita strozzata da inguaribili menomazioni fisiche e dallo stigma sociale che le conseguenze del morbo comportano.
 Frank Gold ha 13 anni, è l'unico figlio di due ebrei ungheresi emigrati in Australia dal Vecchio continente subito dopo la guerra, e ha la sventura di ammalarsi proprio di poliomielite.
 La disgrazia del ragazzo è un colpo durissimo per i genitori: Ida, che a Budapest suonava il pianoforte ed era una concertista di talento, e Meyer, che prima della guerra era un brillante uomo di affari. Ida e Meyer, infatti, fra le persecuzioni antisemite dei nazisti, le violenze dei soldati dell'Armata Rossa e i bombardamenti, hanno perso durante la Seconda guerra mondiale tutti i loro parenti, e in Australia speravano di riuscire a gettare le fondamenta per una vita finalmente serena, sebbene più modesta di quella che conducevano un tempo (dopo l'emigrazione, la donna ha rinunciato a qualsiasi velleità artistica, mentre l'uomo mantiene la famiglia trasportando con un furgone casse di bevande analcoliche).
 Ma Frank non è tipo da lasciarsi andare crogiolandosi nell'autocommiserazione; soprattutto da quando in ospedale ha incontrato Sullivan Backhouse, un giovane rinchiuso in un polmone d'acciaio che gli ha insegnato a trasformare le proprie emozioni e le proprie osservazioni in poesia. La poesia diviene presto per Frank lo strumento indispensabile per comprendere il mondo, dargli un ordine, tenerlo sotto controllo.
 E' con quest'arma che egli affronta la sua faticosa risalita verso la normalità quando entra nel Golden Age, il centro riabilitativo per bambini che sorge nella zona nord della città. Al Golden Age Frank è il paziente più anziano; questo - nonostante i piccoli degenti siano mediamente più maturi della loro età per via di tutto quello che hanno sofferto - gli conferisce uno status particolare anche agli occhi delle infermiere, delle fisioterapiste, delle educatrici che popolano l'universo separato di quella struttura, che dovrebbe preparare i piccoli poliomielitici ad affrontare il mondo esterno a dispetto degli impacci della loro nuova condizione. Al cospetto di tutti costoro Frank incarna la volontà di non arrendersi, il desiderio di riprendere in mano la propria vita e, nel contempo, la fragilità derivante dalla consapevolezza che nulla sarà più come prima.
 Dentro il convalescenziario Frank incontra Elsa, una graziosissima dodicenne che, come lui, sta cominciando a fare i conti con la propria nuova disabilità. Fra i due scocca la scintilla del primo, indimenticabile amore: per Frank, Elsa rappresenta la bellezza e l'aspirazione alla felicità a cui è giusto non rinunciare; per Elsa, Frank è la spinta necessaria per prendere le giuste misure a una realtà con cui ancora fatica a rapportarsi.

Joan London

 Nonostante l'importanza dell'affetto che i due ragazzi nutrono l'uno per l'altra sia perfettamente compreso dalla sensibile capo-infermiera Olive Penny, che intuisce come per entrambi quel rapporto costituisca un ponte gettato verso il futuro oltre la malattia, i pregiudizi e i luoghi comuni della società costruita su misura degli uomini sani sembrano congiurare contro questo amore: così, quando Frank, una notte, viene sorpreso da un'infermiera di turno dentro il letto di Elsa nel dormitorio femminile, e la donna fa loro rapporto, i due ragazzi vengono espulsi dal Golden Age su inappellabile decisione dei severi membri del Consiglio di amministrazione.
 Per fortuna i genitori di Frank e Elsa capiscono quanto sia serio e maturo quel rapporto, e permettono ai figli di rivedersi. Sebbene in seguito la vita li porterà lontano l'uno dall'altra, il nucleo pulsante di quell'affetto costituirà per tutti e due il propellente segreto della loro avventura sulla Terra.
 L'età d'oro è un equilibratissimo romanzo corale in cui il punto di vista passa da un personaggio all'altro, componendo il quadro ricco di particolari di una realtà della quale al lettore è concesso di conoscere tutti gli aspetti (si può dire anzi che il quadro sia duplice, e che ritragga da una parte l'Australia - con l'esuberanza della sua natura, la presenza predominante dell'Oceano, l'apparente precarietà della presenza umana -, dall'altra l'universo a sé stante del Golden Age, con i suoi ritmi e la sua particolarissima atmosfera, fatta di dolcezza, di candore e di dolore).
 Nello stesso tempo, lo sviluppo narrativo favorisce la definizione di una mirabile galleria di figure a tutto tondo: non solo Frank e Elsa, ma anche l'affascinante infermiera Penny, i genitori di Frank, Meyer e Ida, la madre di Elsa Margaret, sua sorella Sally...
 Il flusso del racconto, privo di accenti espressionistici, nella sua linearità, diventa una sorta di naturale riflessione sul valore della vita umana, sulla sua mutevolezza, sulla sua periclitante natura (tutti i personaggi paiono alla faticosa ricerca di una stabilità interiore e di solidi punti di riferimento che consentano loro di elaborare un'etica adatta ad affrontare le minacce di una sorte maligna, incarnata per qualcuno dalla malattia, per qualcun altro dalla tragedia della guerra, per qualcun altro ancora dall'inopinato e casuale dissolversi degli affetti più cari).
 Due notazioni personali e un poco idiosincratiche in chiusura. La prima: mi capita sempre più spesso di apprezzare la scorrevolezza della scrittura dei romanzi in traduzione (qui è molto buona quella di Silvia Castoldi) se confrontata con la manierata ricerca dell'asperità stilistica tipica di molti dei libri di autori italiani. Quest'ultima è una tendenza che ha dato anche buoni risultati nel recente passato, ma - trasformatasi in una moda -, nella sua ormai conclamata serialità, rischia di diventare stucchevole.
 La seconda: il titolo L'età d'oro non suona benissimo; sarebbe stato più logico mantenere la locuzione inglese Golden Age, contenutisticamente giustificata dal fatto che il convalescenziario dove è ricoverato Frank si chiama proprio così, ed evocativa allo stesso modo della sua traduzione italiana.

Voto: 6,5


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